Accessibility overlay: il male assol(u)to

jacopo deyla
8 min readDec 19, 2023

Il solo e unico modo per rendere un sito accessibile è la conformità agli standard internazionali ovvero alle WCAG 2.x.

Questo la sa benissimo ogni serio esperto di accessibilità, e ogni società che lavora nel settore, ed ogni professionista che partecipa ai gruppi delle ISO, o del W3C.

immagine dell’articolo sugli overlay di INVAT

Questo lo si può leggere in innumerevoli articoli, tipo Accessibility Overlay: perché sono un ulteriore problema e non una soluzione di INVAT.

Gli esperti dicono cose plausibili del tipo che le correzioni degli overlay sono superficiali, anche potenzialmente pericolose perchè incontrollate dal momento che si affidano all’intelligenza artificiale per realizzarle, e che oltre a esserci il rischio che le modifiche vadano in conflitto con gli ausili, l’avere un overlay dà un pericoloso senso di sicurezza a chi lo usa. A supporto della tesi c’è tra le altre cose, il fatto che in USA, sono state intentate recentemente oltre 4.220 cause proprio a chi usa gli overlay.
Una cosa è comunque certa e cristallina in tutti i discorsi che sento da più di un anno: solo la totale conformità è garanzia di accessibilità.

Però

se chiedi a quegli stessi esperti di indicarti un sito conforme: non te ne trovano più di uno o due!

E se gli chiedi quanti sono i siti conformi: ti rispondono che sono pochi e rari.

E quindi?

Se hai un sito, e gli esperti dicono che difficilmente può essere conforme, allora preparati a pagare fino al 5% del tuo fatturato di multe. Se sei un esperto e vuoi rendere un sito accessibile secondo i principi WCAG, preparati a fallire. Se sei una persona disabile, beh allora sei spacciato, perchè non avrai modo di trovare siti o app accessibili, anzi se per caso ne stai riuscendo a usare qualcuno, sappi che è probabilmente solo una coincidenza.

Dove stanno sbagliando gli esperti?

La direzione presa dalle norme è la totale conformità, ma visto che è difficile da raggiungere, si permette di dichiarare una parziale conformità. Ovvero va bene dichiarare che si sta violando la legge. Un controsenso, ma necessario, perchè e lo sanno tutti gli esperti, è molto difficile raggiungere l’obiettivo.

E allora dov’è l’errore?

L’errore è nel confondere il mezzo per realizzare qualcosa di accessibile (i criteri, le WCAG) con il fine, ovvero dare accesso alle persone, renderle autonome nel fare, senza escluderle.

Ecco perchè molte persone oggi riescono ad usare siti e app, anche se non conformi. E spesso non c’è un bianco (sei accessibile) o un nero (non sei accessibile) ma ci sono, come in ogni cosa della vita, sfumature di accessibilità (questo o quel sito è più o meno accessibile a questa o quella disabilità)

In questo mondo reale, se il fine è permettere l’accesso, quando un overlay permette a una persona che vede poco o nulla, di utilizzare un sito di un negozio online, prima inutilizzabile, per comprare un prodotto e poi pagarlo, beh l’overlay non fa altro che renderlo accessibile (a queste persone) proprio secondo la definizione e i principi della legge.

Gli overlay quando permettono alle persone “di superare la condizione di svantaggio per fruire di un servizo”, non sono altro che “tecnologia assistive” proprio come scritto sempre nella definizione di legge (art. 2 Legge 4/2004).

E’ vero, non sempre gli overlay funzionano e a volte peggiorano, ma citare oltre 4.000 cause come prova a proprio favore contro gli overlay, e non citare alcun numero di cause vinte, significa dare un’informazione pretestuosa. Una informazione corretta dovrebbe dire quante vinte e quante perse. E andrebbe anche detto che in USA gli overlay vengono venduti dicendo che rendono i siti conformi al 100% e quindi, visto che non è vero, è pieno di avvocati, che solo per il fatto di trovare l’overly sul sito, cercano una qualsiasi persona con disabilità per poter intentare una causa e dividersi il risarcimento. Ad onor del vero, non è solo pieno di avvocati senza scrupoli, in certi casi delle barriere ci sono di certo, e in altri gli overlay forse hanno reso le cose meno accessibili. Quel che è ingiusto e scandaloso che si debba fare causa per avere un semplice diritto garantito, ma lo è altrettanto questo uso della conformità al 100% come macchina da soldi. Questo è quello che non vorrei succedesse qui da noi, perchè questo atteggiamento dogmatico e irragionevole sulla conformità è dove sta portando in America il concetto accessibilità = totale conformità.

E quando si parla di dogmi, di autorità che si scagliano contro le novità, ripenso sempre a una persona che mi ha cambiato la vita a 7 anni: Galileo.

Galielo Galieli ci insegna

Nel ‘600 un certo Galielo Galilei aveva osato usare la sua mente per opporsi a dogmi che cozzavano con la sua logica. Aveva pagato personalmente per avere indicato una strada che tuttora seguiamo quella che si chiama scienza moderna. La scienza si fonda sull’esperimento, sulla misura dei dati, su i ipotesi che diventano tesi e leggi tramite esperimenti replicabili. Esperimenti che chiunque, non solo i saggi e gli esperti, ma proprio chiunque, seguendo il metodo scientifico può replicare.

Il punto fondamentale che mi ha fatto pensare a Galieo era proprio il non fidarsi delle parole delle cosiddette autorità ma di fidarsi del metodo, dei propri sensi e conoscenze.

E così ho fatto io. Un anno e mezzo fa Accessiway, una società che tra i suoi prodotti offre anche un overlay mi chiese di lavorare con loro. Lessi tutti gli articoli contro gli overlay e poi andai a verificare con metodo scientifico i pregi e difetti del loro overlay. Solo dopo averlo ben controllato l’ho alla fine, valutato per quel che è, uno strumento con limiti e difetti, ma anche alcuni pregi. Non ho trovato scandaloso avere un pensiero contro l’intellighenzia dell’accessibilità, perchè io come tutti loro, la pratico da 20 anni e sono fiero di avere delle idee mie e anche di cambiarle se sbaglio. Ma io più di loro ho lavorato nel mondo reale a contatto coi limiti ed i costi e con chi doveva realizzarla con dei compromessi. Dopo la mia verifica diretta, personale e replicabile, ho assolto l’overlay sotto determinate condizioni ed ho cominciato con grande piacere ed entusiasmo a lavorare con Accessiway.

L’assoluzione del male

Da allora abbiamo iniziato a dire le cose nel modo giusto, non come si fa in USA, dove lo vendono dicendo che rende i siti conformi. Oggi a un anno di distanza, dopo aver fatto centinaia di controlli su migliaia di pagine, a generiche accuse del tipo che l’overlay peggiora questo o quello, potrei portare decine di casi in cui in alcune specifiche cose le sistema. Per onestà scientifica porterei anche casi in cui certe cose le ha rotte, ma il bilancio tra quel che sistema e quel che ha rotto (temporaneamente) alla fine è molto positivo. Ha dei pro e dei contro. Non è la soluzione definitiva al problema, lo sappiamo e lo diciamo, ma è la più veloce da mettere in campo, mentre si sistema il sito, ed è valida anche dopo, per alcune personalizzazioni. E non va sottovalutato che è anche la più economica, perchè non lo dice mai nessuno, ma l’accessibilità costa parecchio se la si vuole fare bene.

L’overlay è risultato in diversi casi, quel qualcosa che permetteva a chi fino a prima era rimasto fuori, di entrare e di fare cose che fino a prima non riusciva. Quello che è sbagliato degli overlay, come di tutte le soluzioni temporanee che funzionano, è farla diventare la soluzione definitiva.

Conformità non sempre vuol dire accessibilità

Quello che non tollero, e che mi fa venire voglia ogni tanto di rispondere a certi articoli, è leggere mezze verità in ogni attacco che in modo costante arriva da parte delle alte sfere dell’accessibilità agli overlay, anteponendo dall’altra parte la conformità di tutto al 100%. Perchè la conformità non è una soluzione praticabile in quanto l’unico fatto certo e indiscusso tra chi è pro e chi è contro gli overlay, tra chi dice che migliorano e chi invece che fanno danni, è che i siti conformi ad oggi sono quasi introvabili.

Per inciso, la totale conformità non sempre rende le cose accessibili e ce ne siamo accorti verificando uno dei pattern del W3. I pattern del W3 sono la Bibbia dell’accessibilità, quel codice che chiunque crei degli elementi da mettere sulle pagine, dovrebbe copiare per farli sintatticamente e semanticamente corretti e soprattutto accessibili. L’alto giorno ci siamo accorti che il modo di fare i menu a tendina utilizzando WAI ARIA non è compatibile con Talkback su Android.

Un esperto di accessibilità devoto agli standard direbbe che è un problema di Android perchè non segue le indicazioni del W3. Un altro, che magari è più a contatto con la realtà, lo minimizzerebbe dicendo che tanto i ciechi che usano Android sono pochi e il problema ha un basso impatto sugli utenti.

Ma se ci caliamo nel mondo reale e dei diritti, dobbiamo pensare che la navigazione da mobile è quella più usata, che i sistemi Android di solito sono più economici e che ultimamente Talkback è migliorato, quindi qualche non vedente se non lo sta già usando, magari in futuro vorrebbe farlo e il problema va risolto in un modo o nell’altro, anche non seguendo perfettamente le regole.

Ma a parte le opinioni un fatto è certo, la conformità teorica non sempre corrisponde all’accessibilità reale, e quindi indicarla come unica strada percorribile non sempre è efficace.

Per me, basta che funzioni

Se il tuo obiettivo è l’accessibilità ovvero permettere alle persone di fare qualcosa che non riescono a fare, o il tuo obiettivo è per te stesso perchè ti serve trovare un modo di fare qualcosa che non riesci a fare, qualsiasi strumento, anche se imperfetto è ben accetto.

Questo fanno le persone sorde che attivano i sottotitoli automatici di Youtube per fruire di contenuti che altrimenti non potrebbero sentire. Questo fanno le persone cieche che usano applicazioni anche con intelligenza artificiale per riconoscere un menu di carta in un ristorante.

La tecnologia sta evolvendo e rende la vita più semplice. Si affina migliora e piano piano, ognuno arriva considerare sufficientemente affidabile per i propri bisogni. A volte questa tecnologia sbaglia, e se la si usa per cose vitali è meglio una seconda o terza verifica, ma è indubbio che ci sono casi in cui è accettabile usare cose anche leggermente imperfette.

Gli overlay, con le loro correzioni fatte in automatico grazie all’intelligenza artificiale, sono tecnologie utili. Sono solo strumenti a disposizione di chi vuole migliorare l’accessibilità e non ha senso bandirli.

Come ogni cura, bisogna adottarla in modo consapevole ed informato, conoscendone i rischi ed i limiti, provando se davvero sul proprio sito funzionano. Non sono da condannare a priori se proposti in modo onesto, in un percorso ragionevole di correzione dell’accessibilità e della conformità.

Eresia e difesa della casta

Dimenticavo, ultimamente nei vari webinar mi è anche capitato di sentire alcuni esperti contrari agli overlay, stigmatizzare quelle società come la mia, che proponevano di usarli solo a supporto di una correzione di conformità a seguito di analisi ben fatte. Della serie che esiste una sola religione e o la segui e sei comunque un eretico.

A me tutta questa supponenza e acredine degli esperti, sa tanto di banale difesa di una casta di sapienti che non è in grado di accettare che il mondo possa andare avanti e non sanno come governare il cambiamento. E’ semplice paura di venire travolti da un cambiamento. Per me quello che sta succedendo è solo progresso e se migliora la vita delle persone, è sempre ben accetto.

A questi esperti ricordo solo che se un giorno gli overlay o qualsiasi altra tecnologia vi lascerà senza lavoro perchè il mondo sarà accessibile, non avrete perso, ma dovete festeggiare perchè avrete vinto!
… quindi cercate un piano B piuttosto che arroccarvi a vostra difesa, perchè ricordatevi che quel che state facendo non è per voi, ma è per gli altri.

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