20 anni di accessibilità:
la verità che non vi dice il vostro esperto

jacopo deyla
5 min readJan 8, 2024
Photo by Matteo Di Iorio on Unsplash

Il 21 novembre 2023 per l’accessibilità in Italia è stata una data importante: finalmente qualcuno ha detto la verità e vale la pena ricordarlo oggi in occasione del ventesimo anniversario della legge 4/2004.

A novembre, in un incontro pubblico hanno parlato di accessibilità digitale in modo costruttivo e sincero i 3 attori principali. Da una parte chi promuove, difende e sovrintende i principi: le istituzioni con il ministro per la disabilità Locatelli, il Vicepresidente Commissione Affari Sociali Ciocchetti e il Direttore Generale di AGID. Dall’altra le persone a cui è destinata l’accessibilità col Presidente Fish-Ets Vincenzo Falabella. E tra loro, tra terra e cielo, chi cerca quotidianamente in modo concreto, di fare incontrare gli ideali con la realtà: Accessiway un’azienda giovane ma con radici profonde e competenze consolidate.

E tra le radici profonde, metto anche me con la mia esperienza: 20 anni di verifiche tecniche quotidiane, in gran parte in qualità di unico esperto per un’amministrazione che da tutti è sempre stata riconosciuta all’avanguardia, come la Regione Emilia-Romagna.

Il nuovo panorama: multe e scadenze

Per oltre vent’anni l’accessibilità è stata rappresentata dalle istituzioni come regole astratte a cui tutti dovevano conformarsi. Esperti e teorici hanno passato ogni revisione della legge allontanandosi dalla realtà di tutti i giorni, perdendo di vista il vero obiettivo: le persone. Hanno travisato un mezzo, le regole tecniche, per il fine, le persone e il loro diritto all’accesso. Questa astrazione lontana dalla realtà di tutti i giorni di una legge priva di mezzi, non ha portato a nulla per oltre 15 anni. Oggi però qualcosa è cambiato. Il rischio concreto di una sanzione anche pesante, introdotto con le ultime modifiche alla legge, ha dato il via a una maggiore attenzione e alla messa in moto del settore privato. Grandi aziende, banche ed assicurazioni oggi si impegnano per la messa a norma. Stanno tracciando la strada per tutti quelli che nel 2025 dovranno seguirli. Il problema per tutti però è capire come si fa ad essere accessibili e poi dichiararlo.

Questo è la domanda che quotidianamente, da più di un anno a questa parte sento dalle centinaia di aziende che lavorano insieme ad Accessiway per correggere i problemi dei loro siti ed app mobili. Tutte si impegnano investendo denaro e tempo di persone molto capaci e competenti per essere il più conformi possibile ma tutte poi si trovano di fronte a una verità non detta.

La verità non detta

Fino a ieri, ma lo sarà anche domani e dopodomani se ascolterete le solite campane, il racconto che tutti, tecnici e istituzioni, hanno sempre fatto è che essere accessibili è semplice. Basta rispettare 4 principi. Nessuno però ha mai sinceramente detto che rispettare i 4 principi è statisticamente difficilissimo perché significa superare 150 controlli su tutti gli elementi di ogni singola pagina e per ogni singolo documento pubblicato.

La verità (raccontata a novembre da Accessiway) è la semplice constatazione della realtà: essere conformi non può essere l’obiettivo, perché è sostanzialmente irraggiungibile. La legge stessa e le sue linee guida lo riconoscono in modo indiretto permettendo di dichiarare una parziale conformità del proprio touchpoint digitale, ossia si permette di dichiarare la (parziale) violazione della legge stessa. Legalmente è un controsenso, perché una legge non può permettere violazioni, solo deroghe. E quindi come si fa ad essere in regola e rispettare una legge che chiede una cosa quasi impossibile? Come si fa a non rischiare sanzioni?

Qual’è la soluzione?

Per anni ho pensato che la soluzione fosse fare formazione, offrire supporto e strumenti ai tecnici, insegnare a tutti a cominciare dai dirigenti le legge, gli obblighi e il modo per fare contenuti accessibili. Sono tutti elementi necessari, azioni che si deve continuare a promuovere, azioni che però comunque non condurranno alla conformità, perchè non hanno funzionato negli ultimi 20 anni e in questa occasione si deve tirare sinceramente le somme.

La soluzione la sto scrivendo da un po’ e non può essere che tornare ai principi. Guardare tutto sotto una prospettiva diversa: pensare alle persone per cui c’è l’obbligo dell’accessibilità, non ai tecnici che lo devono applicare. La soluzione è cambiare metodo, cambiare strategia e cambiare obiettivi, in una parola: cambiare.

Non mirare a rispettare dei requisiti fini a sé stessi, ma rispettare le persone garantendo loro autonomia, privacy e indipendenza. Verificare di non escludere nessuno, e iniziare un percorso anche lungo. Pensare alle opportunità che un nuovo punto di vista inclusivo offre a chi le sa cogliere, a soluzioni a breve e a lungo termine. Avere un piano che rispetti le persone e le coinvolga il più possibile fin da subito. Non ingannare con bacchette magiche che risolvono al volo tutti i problemi (che è quello di cui si accusa falsamente l’azienda per cui lavoro), ma nemmeno continuare a illudere con un miraggio di un obiettivo troppo remoto.

Accessiway a novembre ha raccontato tutto questo con il suo metodo in 10 passi, offrendo a chi li compie con successo la misura dell’impatto che ha avuto il suo sforzo, e un riconoscimento a tutela e garanzia della qualità raggiunta, con un badge (nell’attesa che escano le indicazioni su come certificare l’accessibilità).

Obiettivi concreti per l’accessibilità reale, sottoscritti nell’ultimo atto della giornata: il lancio di un manifesto per l’accessibilità, che impegni tutti i firmatari a fare finalmente quel che serve davvero.

“A state of mind”: una soluzione che funziona

Per 20 anni ho visto l’accessibilità andare di moda e passare di moda, nonostante fosse un diritto, che doveva semplicemente essere la base su cui costruire la nuova cittadinanza digitale. Ho sentito dirigenti di pubbliche amministrazioni mettere da parte l’obbligo perchè tanto nessuno li avrebbe sanzionati, nonostante altri all’interno dei loro enti facessero di tutto per fare le cose per bene. Ho provato senza successo tutte le soluzioni per spingere a sistemare le cose, fino ad arrivare, inutilmente, al Difensore civico digitale. E ho visto pochissime aziende interessarsi al tema perchè non rientrava tra gli obblighi e nessuno se ne occupava. Ho visto poche cose cambiare ed avere successo.

Ma una cosa però ha avuto davvero un impatto, e nessuno ve lo dirà perchè è la voce fuori dal coro: Accessiway . Non è elegante incensarsi, ma è una constatazione. Accessiway come mai nessuno prima sta cambiando le cose: in meno di due anni è riuscita a convincere centinaia di aziende private della necessità dell’accessibilità, aziende con migliaia di clienti o utenti. A testimoniarlo c’è l’overlay che ora si trova su un sacco di siti e da tanto fastidio.

Accessiway ha convinto tutte queste aziende, a fare non solo il primo passo, con l’overlay, ma a fare quel che va fatto: a intraprendere il lungo percorso per sistemare in modo serio i propri siti e le loro app. Le sta accompagnando in un percorso che per quasi tutte è ancora in corso, e che non finirà mai, perchè l’accessibilità non è un traguardo da raggiungere, ma uno stato, un modo in cui si deve (cominciare ad) essere.

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